La Storia

Campofelice di Roccella (Campufelici in siciliano) è un comune di 5.735 abitanti della provincia di Palermo. Nel 1699 il casale di “Roccella” venne fondato con apposita licentia populandi dal principe palermitano don Gaspare La Grutta Guccio, su una collina dei propri possedimenti pertinenti l’antico “castello della Roccella” situato sul mare. Il principe, che aveva da poco ottenuto il feudo, fece costruire cento case, quattordici botteghe, una fonte e una chiesa dedicata a santa Rosalia. Dopo poco il casale venne venduto alla famiglia Marziani, della quale restò in possesso per il secolo successivo.

  • GLI ARABI ALLA ROCCELLA

Il territorio di Roccella è compreso nell’arco costiero controllato nel periodo antico, dalla vicina colonia greca di Himera, la cui area di influenza, sotto il profilo politico-commerciale, è delimitata ad Ovest dall’abitato di Termini Imerese e ad Est dal promontorio di Cefalù. I primi chiari riferimenti al territorio di Roccella ed al suo castello sembrano comparire nelle cronache musulmane. Il 14 giugno 827 l’armata araba, guidata da Ased-Benforat o Asad Ibn al-Furat sbarca a Mazara, risale la vallata del Belice e fronteggia l’esercito bizantino. La conquista dell’isola inizia con l’occupazione delle città costiere e si conclude nel 965 con la caduta di Rometta, ultima roccaforte dei Bizantini. Le cronache musulmane segnalano l’attacco a un castello indicato col toponimo Qasr al Gadid, o con la variante Qasr al-Hadid, cioè il “Castello di Ferro”. Henri Bresc, identifica il Qasr con il castello di Roccella poco distante dalla città di Cefalù che gli arabi conquistano nello stesso anno.

  • I NORMANNI ALLA ROCCELLA

La frequentazione normanna del territorio siciliano si protrae per circa un secolo. Allontanate le dinastie arabe dall’isola, la famiglia reale degli Altavilla suddivide il territorio siciliano in tante piccole signorie allo scopo di evitare il formarsi di un potente e pericoloso sistema feudale. Il territorio di Roccella assieme a quello di Collesano, viene occupato nel 1063 e annesso alla baronia di Geraci, sotto il controllo della contessa Adelasia Adernò, nipote di Ruggero II. Sul popolamento del territorio di Roccella i documenti dei primi anni del XII secolo testimoniano l’esistenza di vigne, un mulino, due chiese(quella di S.Cosma e di S.Giovanni), un castello e un casale con 11 villani. Una descrizione dettagliata del sito è presente nell’opera letteraria del geografo di corte Al-Idrisi. Nel testo si afferma che “a dodici miglia dalla detta fortezza (Brucato) è Sahrat Hadid (“la rupe di ferro”).

  • GLI SVEVI ALLA ROCCELLA

Nel 1202 il territorio di Roccella, parte della contea di Collesano, è donata dall’imperatore di Germania Enrico VI di Hohenstaufen a Paolo Cicala originario del sud, suo uomo di fiducia (lo aveva appoggiato nella successione al trono). Egli nel 1205 lo dona al fratello Giovanni Vescovo di Cefalù e quindi alla Diocesi. I confini amministrativi del territorio della Roccella sono lì indicati dai fimi Siniscalco (l’attuale Imera Settentrionale), Gratteri (torrente Piletto) e dall’antica strada regia che portava a Palermo. Nel 1216 si ha notizia di una seconda donazione a favore del Monastero di S.Maria di Montevergini. Una vicenda intricata e intrigante di processi e carte false. Dopo la morte di Federico II “Stupor Mundi” (1250) entrano nella storia della Roccella i Ventimiglia, venuti dalla Liguria, che stringono rapporti con la famiglia imperiale. Enrico Ventimiglia figlio di Giovanni sposa Isabella IX, discendente normanna, e si insedia nella contea di geraci per poi espandersi alla Roccella, alle Petralia, Ganci, Gratteri ed Isnello.

  • ANGIOINI ED ARAGONESI ALLA ROCCELLA

Dopo la sconfitta di Manfredi da parte di Carlo I d’Angiò (1266), la famiglia imperiale francese impone il proprio potere ai baroni della casata sveva, compreso Enrico Ventimiglia barone di Roccella che nel 1929 viene spogliato delle sue terre e costretto a riparare da Pietro D’Aragona (sposo di Costanza figlia di Manfredi), il quale nel 1282 sbarca in Sicilia e ne riprende possesso, in particolare è con Francesco I, figlio di Alduino e nipote di Enrico, che il potere dei Ventimiglia si accresce notevolmente a danno di altri aristocratici e delle comunità ecclesiali. La contea viene però confiscata dal potere regio e Alduino si rifugia alla corte dei nemici Angioini a Napoli, ottenendo una spedizione militare che, alla guida del conte D’Artois, sbarca alla Roccella l’11 maggio 1338, si rifornisce di vettovaglie e prosegue per Gratteri e Collesano, la missione però fallisce. Il potere dei regnanti catalano-aragonesi continuerà a condizionare la vita e la storia della Roccella e delle Madonie, ma i veri protagonisti saranno i Ventimiglia e le loro vicende umane e di potere

  • LE CONTEE DI GERACI E DI COLLESANO

Fra il XIV e XV secolo Madonie furono dominate per tutto il ‘300 ed oltre dai Ventimiglia, che mal sopportarono interferenze al loro dominio. La loro influenza si estendeva in un vastissimo territorio che andava dalla valle dell’Himera, ai primi contrafforti dei Peloritani, dalla costa di Termini e Cefalù alle colline granarie delle basse Madonie. I segni di questo dominio sono tangibili in tutto il territorio, con i resti dei castelli di Castelbuono, Collesano e Geraci. Di questa rete la Roccella era punto forte e qualificante, non per le dimensioni, ma per il ruolo strategico che la sua posizione le dava, quella che oggi chiamiamo la Porta delle Madonie. Attorno al 1350 Francesco II, conte di Geraci e Collesano, procedette alla costruzione o meglio ricostruzione della torre, così come si presenta nell’attuale aspetto, nonostante la proprietà fosse della diocesi di Cefalù. Nel 1371 operava alla Roccella un porto caricatore granario, utilizzato per esportare direttamente le merci senza pagare dazi regi dovuti nel porti di Cefalù e termini. Nel 1385 i Ventimiglia ottengono il titolo legale di proprietà dal vescovo di Cefalù, ed il loro potere si estende alle contee di Geraci (Castelbuono, Pollina, Tusa, S. Mauro, Castelluzzo, Gangi), alla contea di Collesano (Roccella, Gratteri, Petralia Superiore e Inferiore, Bilici, Casalgiordano e Caronia).Con la morte del conte Francesco II, che aveva unificato le contee di Geraci e Collesano, acquistato il castello di Roccella e Isnello, ed esteso il suo controllo sul demanio regio di Polizzi, termini e Cefalù: la contea di Geraci va ad Enrico, quella di Collesano con i nuovi acquisti andarono al più intraprendente Antonio. La politica dei re catalani verso i feudatari era quella di inserire i propri esponenti per indebolire e controllare il potere dei signorotti locali come i Ventimiglia. Antonio si ribella apertamente, insieme a Guglielmo R. Moncada, ma perde la contea di Isnello che viene donata ad Arnau Santacolonna. Antonio aveva sposato in prime nozze Margherita Peralta, da cui aveva avuto due figli: Francesco e Giovanni. Alla morte di margherita sposò Elvira Moncada, sorella del suo amico Guglielmo, da Elvira ebbe due figli, Enrico e Costanza, prima di essere arrestato, nominò suo erede il figlio Enrico, nato dalle seconde nozze con Elvira Moncada, e la stessa Elvira amministratrice universale. Il primogenito Francesco nato dal primo matrimonio con Margherita Peralta, venne diseredato e gli fu proibito dalla Moncada di entrare nelle proprietà paterne. Elvira, in accordo con la corte spagnola, assicura l’eredità della contea di Collesano alla figlia Costanza sposandola con il potente cavaliere valenzano Gilabert Centelles, e lasciando a Francesco solo Caronia. Francesco e il fratello Giovanni si ribellarono e occuparono Petralia e Collesano. Francesco fu catturato dai soldati al servizio di Elvira Moncada e della figlia Costanza, che lo imprigionarono nella fossa della Roccella dove fu sottoposto ad un durissimo regime carcerario; riportarono le cronache che la contessa lo faceva letteralmente morire di fame. Ma Francesco, aiutato da una parte della guarnigione regia che presidiava il castello, riesce a capovolgere a suo favore la situazione e imprigiona a sua volta le due donne. Come si addice ai cavalieri di allora, le tenne per così dire, agli arresti domiciliari, infatti Elvira e Costanza, madre e figlia, furono trattenute nelle loro camere nel Castello della Roccella, che per i viceré spagnoli: “è tale e posto in tale luogo che se eventualmente fosse sottratto dalle mani del re sarebbe sufficiente a portare gravissimo danno all’intero regno”.Nel 1418 i viceré spagnoli, Lerida Domenec Ram e Antoni Cardona, decisero di usare la forza contro il conte Francesco Ventimiglia che si ribellava al potere regio e alla fine di quell’estate la Roccella venne circondata da soldati mercenari al soldo degli spagnoli, in modo che nessuno potesse entrare o uscire. Considerato che con i mezzi tradizionali la Roccella poteva resistere a lungo, i viceré, dopo lunghe trattative sui costi col tesoriere reale, fecero fondere a Termini ben quattro bombarde per l’assalto finale, una di queste era di dimensioni enormi per l’epoca, era infatti in grado di sparare proiettili di ben 480 kg. Questa batteria di cannoni venne trasportata via mare fino alla spiaggia.Fu prima conquistato il valium che circondava il castello, fu schierata la batteria di bombarde e dopo pochi copi il presidio si dovette arrendere. Il castello nel 1434 andò a Pietro d’Aragona (fratello di re Alfonso V) ed alla sua morte ritornò ai Ventimiglia con Giovanni conte di Geraci, poi tornò al demanio regio, tra il 1485 e il 1507 venne concesso al viceré Gaspere de Spes. Nel 1507 la Roccella venne comprata da Antonio Alliata e la famiglia ne rimase proprietaria fino al Settembre del 1666 anno in cui Donna Girolama Corbera Renda acquista il Castello ad un’asta per procedura di sequestro. Certamente nel 1694 viene acquistata da Suor Maria Rizzo, terziaria dell’Ordine di S.Francesco. Nel marzo del 1699 viene acquistato dal principe Don Gaspare La Grutta il Castello, il feudo e tutti i territori annessi alla baronia, come noto, lo stesso ottiene dal re, il successivo 18 dicembre 1699, la Licentia Populandi.Furono costruite, una chiesa, cento case e quattordici botteghe, nel sito in cui è l’attuale pese di Campofelice di Roccella, allora chiamato Casale di Roccella. Qualche anno dopo fu venduto al principe di Furnari Antonio Marziano, i cui eredi ne restarono proprietari fino al 1883, quando Emanuela, ultima dei Furnari, la divise tra Pietro Notarbartolo duca di Villarosa e Costanza Notarbartolo baronessa di San Giuliano, e Emanuela Notarbartolo principessa di Monforte. Fino ad allora il castello e il Borgo furono tenuti in una certa efficienza. Nei decenni successivi fu sostanzialmente abbandonato a se stesso, tranne i mulini, di cui almeno uno restò in attività fino ai primi ani del ‘900. Il risveglio dell’interesse sul Castello e sul Borgo è cronaca di questi ultimi anni.

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